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Il Lapis Niger

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Oggi ci troviamo ad affrontare un luogo importante nel Foro Romano, forse il più importante in assoluto, che si trova vicino ad un'infrastruttura di protezione dello scavo archeologico, a pochi metri dall'arco di Settimio Severo (vedi foto) e che si chiama 'Lapis Niger'.
Questo luogo è inscindibilmente legato con la leggenda della fondazione di Roma. Ma andiamo con ordine, e facciamo il nostro solito "passo indietro".

Copertura iniziale allestita dalla RomaPont srl
Copertura iniziale del Lapis Niger (RomaPont srl)
Quando la potenza dell'Impero Romano è ormai da secoli costituita e riconosciuta, nasce l'esigenza storica di interrogarsi sulle origini della propria autorità, certamente non esclusi motivi di opportunità politica (ad esempio 'ritoccando' la storia per divinizzare la propria stirpe). In questo periodo, storici latini e greci come Tito Livio e Plutarco, indagarono sulle leggende che circolavano intorno alla fondazione di Roma e al suo primo re.
Come vedete anche qui, come altre volte è capitato, andiamo ad indagare su ciò che era leggenda già più di duemila anni fa!

La leggenda della fondazione di Roma è forse la più famosa delle leggende della città, un pò tutti conosciamo il mito di Romolo e Remo, per cui la ripercorrerò rapidamente.

Faustolo scopre Romolo e Remo (Rubens, 1615)
Faustolo scopre Romolo e Remo (Rubens, 1615)
La leggenda narra di due fratelli di stirpe reale che vissero intorno all'800 a.C. sulla città di Alba Longa (più o meno dove ora è Rocca di Papa): Numitore, il primogenito fra i due, e Amulio.
Amulio, che non vuole sottomettersi al primato del fratello maggiore, ne usurpa il trono e lo scaccia, violando così la tradizione. Non finiscono però con Numitore le preoccupazioni di Amulio; Numitore ha infatti una figlia, Rea Silvia, che rappresenta un potenziale pericolo: l'eventuale prole della donna avrebbe potuto reclamare il proprio diritto al trono. Per questo motivo Amulio ha un'idea: costringe la nipote a diventare una vestale, cioè una sacerdotessa a cui è imposto il voto di castità. Ma lo stratagemma è inutile: il dio Marte si invaghisce della donna, e dall'unione con il dio, Rea Silvia partorisce due gemelli, Romolo e Remo.

Di fatto, la leggenda fin qui ha una 'morale' strategica: fornire una storia che giustifichi, per il popolo romano di quel periodo, il diritto alla supremazia di Roma su Alba Longa, sua diretta concorrente nelle prime lotte per la supremazia nel Lazio.

I piccoli figli di Rea Silvia vengono scoperti da Amulio: il re quindi comanda di farli uccidere. Essi vengono invece abbandonati sulle sponde del Tevere, dove miracolosamente si salvano perchè allattati da una lupa. E' qui che compare per la prima volta la 'lupa', il simbolo di Roma nei secoli a venire.

La presa in custodia di due lattanti da parte di una lupa è certamente una leggenda, ma non una favola: dietro c'è il fatto abbastanza assodato che a quei tempi 'lupa' in latino fosse sinonimo di prostituta! E quindi emerge il sospetto, assai più verosimile, che un tempo lontano ci sia stata semplicemente una donna, e non un animale feroce e solitario, ad allattare due gemellini abbandonati.

La custodia della "donna-lupa" fu poi scoperta da un pastore, Faustolo, che si prese cura successivamente dei bambini (vedi dipinto di Rubens, ai Musei Capitolini). Fatti adulti, e comprendendo le loro origini, i gemelli spodestano Amulio e decidono di fondare una nuova città. Qui ci sono molte versioni, ma la più famosa racconta che Romolo, con un aratro, traccia il 'solco' sacro della futura Roma, e Remo, per disaccordo con il fratello, lo oltrepassa. La conseguente lite mortale fra i fratelli porta all'uccisione di Remo, per cui Romolo diviene di fatto il primo re di Roma.

Ma che c'entra questo luogo del Foro Romano con la leggenda della fondazione di Roma? Beh, nel corso del litigio che portò alla morte di Remo, interessò gli archeologi, fra gli altri, un passo descritto da Dionigi di Alicarnasso (Le antichità romane, vol.1, cap.78):


[...] In questa battaglia, si dice che Faustolo, l'educatore dei giovani, volendo dividere la lite fraterna, ma non riuscendovi, si cacciasse inerme tra i combattenti, per averne, come ebbela, morte immediata. E vi è chi dice che il leone marmoreo presso ai rostri, là nel luogo più cospicuo del Foro Romano, fosse posto sul cadavere di Faustolo, seppellito da chi lo aveva ritrovato, appunto ove cadde.[...]

Altri frammenti di altri autori affermano che i leoni marmorei fossero due, e che servissero per custodire un'altra tomba oltre quella di Faustolo. Ma non una tomba qualunque: si raccontava che il pavimento marmoreo nero che si trovava lì ed i due leoni, presso una scrittura "in caratteri greci", custodissero la tomba di Romolo, il primo mitologico re di Roma, nel punto cioè in cui i gemelli si scontrarono.

L'infrastruttura che circonda l'area di scavo
L'infrastruttura che circonda l'area di scavo
Già al tempo di Dionigi di Alicarnasso (I sec. d.C) tutto questo era una leggenda, sta di fatto però che per gli antichi quel "lapis niger", cioè quella pietra nera posta come pavimento, fosse considerato il luogo più sacro e 'terribile' del Foro Romano.

Potete immaginare il fermento che si ebbe nel mondo dell'archeologia quando fu scoperto il "lapis niger" nel corso di una campagna di scavi nel Foro Romano alla fine del 1800!
Il famoso pavimento nero, e ciò che vi è nascosto sotto, rappresenta una tra le avventure più intriganti della storia dell'archeologia....avventura che è ripresa negli ultimi anni e che non è ancora finita, visto che gli scavi sono ancora in corso, anche se osservabili solo dalla struttura esterna (vedi foto).

Dagli scavi finora è emerso un reperto fondamentale: una sorta di piedistallo (forse sosteneva un leone marmoreo?) con delle iscrizioni latine antichissime, simili a "caratteri greci", di tipo bustrofedico (cioè incise scrivendo da sinistra a destra e poi viceversa, come seguendo il percorso di un aratro) (vedi foto).
Se si esclude la 'fibula prenestina', una semplice spilla antica con scritto sopra qualcosa di banale tipo "sono di Numerio", beh, l'iscrizione nel Lapis Niger è l'iscrizione latina più antica che si conosca, e questo è di per sè già un indizio interessante: dove trovare l'iscrizione latina più antica se non nel luogo dove Roma stessa nacque?
Inutile dire che tradurre queste remote iscrizioni è stato per gli studiosi una vera sfida.
La frase che sono riusciti a tradurre ben si addicerebbe alla tomba del primo re di Roma. Essa più o meno recita:
"chi vìola questo luogo sia consacrato agli dèi degli inferi"

Ma lasciamo che gli archeologi facciano il loro lavoro...sperando che la maledizione non li rallenti troppo!

Il Lapis Niger è qui.

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